Sanna Luigi, Docente di Storia della Chiesa(con particolare attenzione alla Storia della Chiesa in Sardegna) |
Pulpito, politica e letteratura. Predica e predicatori in lingua sarda Conferenza di Parigi sulla decifrazione della scrittura di Glozel |
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Gigi Sanna, Pulpito, politica e letteratura. Predica e predicatori in lingua sarda, Ed. S'Alvure, Oristano 2002. Studi ideati, realizzati e
comunicati presso: Grafica di copertina : Iano Sanna
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Indice
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Presentazione (di Antonio
Pinna)
La ricerca di Gigi Sanna sulla storia della predica in Sardegna nasce all'interno dei corsi di Storia della Chiesa presso l'Istituto di Scienze Religiose di Oristano. Studioso che non si lascia intimorire dalle sfide, egli accettò la nostra proposta di integrare gli aspetti locali sardi nei corsi fondamentali, senza rimandarla a successivi corsi opzionali. L'intento era che gli studenti dell'Istituto, tanto gli insegnanti di Religione nelle scuole pubbliche quanto i collaboratori nelle attività ecclesiali, non terminassero gli studi di teologia nelle medesime condizioni degli studenti e dei preti usciti dal Seminario di Cuglieri a partire dal 1928, e anche, almeno in parte, delle ultime generazioni che escono dalla Facoltà Teologica trasferita a Cagliari nel 1971: sapendo molto della storia della chiesa universale, e niente o quasi della storia della chiesa locale sarda. Non si tratta, certo, di restringere gli orizzonti in tempi di globalizzazione. Si tratta invece di ritrovare il senso fondante di un logos fatto carne. Dimenticando l'incarnazione, la verità evangelica diventa filosofia perenne, l'universalismo diventa colonialismo, l'unità diventa uniformità. Dalle Memorie storiche pubblicate nel 1912 per il secondo centenario del Seminario Arcivescovile di Oristano, veniamo a sapere che un simile intento fu presente tra il 1904 e il 1907 nel piano di studi teologici di allora. La relazione quasi burocratica delle notizie viene d'improvviso interrotta da una pagina quanto mai personale, che vogliamo rendere pubblica, anche perché aiuta a capire il senso dell'accostamento tra «pulpito, politica e letteratura»: «Si è pensato pure ad istituire una cattedra di storia dedicata specialmente ai monumenti ed alle memorie isolane, affinché nei giovani leviti rimanesse caldo l'amore della patria, e vivessero nello spirito dei nostri antenati, e parlassero il loro linguaggio, con significato di nobile protesta contra la invadenza e le usanze di popoli stranieri, che hanno sempre spadroneggiato, infeudato e sfruttato l'isola cara [...] Quanti sono in Sardegna che conoscono la storia dei nostri maggiori? Quanti pochi han pensato al contenuto letterario e storico dei nostri archivi [...] Anche i sacerdoti devono essere sardi, forti di disciplina morale e di nazionale fierezza, di spirito di sagrifizio e di abnegazione; anch'essi sappiano apprezzare le virtù eroiche che li rende fieri e gelosi della loro indipendenza, mal sopportando la vicinanza dei cupidi nemici e il contatto dei disprezzatori del loro paese [...] Ricordiamoci tutti che a nessuno il passato deve far ira, ma a tutti deve il presente causare vergogna e l'avvenire paura». Ma subito dopo questa pagina ispirata, leggiamo: «Nobile adunque il pensiero di un insegnamento di storia patria; se bene deva per ora ritardarsi l'attuazione. Col programma degli studi di S. S. Pio X, il Seminario attuò tutto l'insegnamento ufficiale con orario regolare, senza più pensare a maggior numero di materie». Successe dunque che, per ottemperare a un programma di studi universalmente stabilito, la "nobile" intenzione di favorire una più incarnata identità dei "sacerdoti sardi" restò soltanto una bella pagina dimenticata, e per certi segni destinata a rimanere tale. Riguardo al contenuto, la prima comunicazione orale dello studio presso l'Istituto di Scienze Religiose e i condizionamenti pratici della ricerca spiegano la focalizzazione sulla predica in sardo nel territorio arborense1. Questo limite territoriale, di cui l'autore è ben consapevole, sottolinea l'aspetto di «sfida» implicito nel tema stesso della ricerca, sia per lo stato iniziale della conoscenza degli archivi sia per la diffusa sfiducia, discussa più volte nel testo, circa l'interesse storico, letterario, e anche religioso, di ciò che si trova o si potrebbe "ancora" trovare. Il lettore, di qualsiasi lingua, sentirà tra le righe l'invito ad acquisire una maggiore conoscenza dell'identità della propria ed altrui cultura, invertendo i frutti di un'educazione allo sradicamento e alla disincarnazione, che faceva e fa assimilare più il disprezzo per il proprio paese che la corretta inculturazione di una fede universale. A sentire certe rituali e solenni, ma generiche dichiarazioni di principio, non corroborate da precise analisi e non seguite da decisioni concrete, potrebbe sembrare che ai sardi non resti ormai altro destino che lasciare in eredità ai loro posteri (ancora «sardi»?) una sterile «ira» per il passato. Cresce, tuttavia, l'interesse per rispondere alla domanda su "quanti pochi han pensato al contenuto letterario e storico dei nostri archivi". Se questi pochi aumenteranno, stimolati anche dall'interesse e dagli interrogativi suscitati dal libro di Gigi Sanna, e se all'interesse per gli archivi si affiancherà la consapevolezza della propria identità e dignità, allora il presente avrà meno motivi di vergogna e l'avvenire meno ragioni di paura. Deus bollat e aici siat. Antonio Pinna Direttore dell'Istituto Scienze Religiose di Oristano
------------- ' Il cap. 7 avanza l'ipotesi di una "scuola oratoria" arborense. A supporto, faccio presente che nell'archivio del Seminario di Oristano sono conservate, per gli anni dal 1904 al 1947, 43 locandine graficamente curate con l'«elenco dei predicatori» per i tre generi di esercitazione (spiegazione del vangelo, panegirici, mese mariano). Inoltre, il "Diario di cappella" di mons. Serci nota che gli alunni cominciarono a predicare per il mese mariano nel 1893, e che "le feste patronali interne" (seguendo lo schema delle feste patronali delle ville) sono celebrate a partire dal 1834. La dicitura «la spiegazione del vangelo è in dialetto» appare nelle locandine dal 1904 fino al 1928, anno in cui la sezione di teologia termina e inizia il Seminario Regionale di Cuglieri, affidato ai Padri Gesuiti della Provincia Sardo-Piemontese. |
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Prefazione (Gigi Sanna) |
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Crediamo che non possa sfuggire a chi studia l'intera documentazione delle forme linguistiche prodotte dalla società sarda che l'orientamento generale degli studi in Sardegna ed il perdurare di una certa concezione della cul tura (quella vistosamente permeata - come una volta si diceva - di cosmopolitismo di maniera) nel secolo scorso hanno fatto sì che né la predica in sé come fenomeno socio-culturale diffuso né i predicatori in lingua sarda abbiano goduto, come scrittori ed intellettuali, di molta attenzione da parte degli scienziati di storia, di storia della lingua e della letteratura di Sardegna. Riguardo a questi ultimi si sa che Giovanni Siotto Pintor nella prima metà dell'Ottocento e Francesco Alziator nella seconda metà del secolo seguente, per evidenti pregiudizi linguistici, estetico - letterari e di gusto personale, si trovarono concordi, nelle loro note storie della letteratura di Sardegna, nel dare scarsa o nessuna importanza a quello che essi, evidentemente, non erano i soli a considerare un aspetto sociale e culturale dell'Isola del tutto marginale. Crediamo però a torto, poiché la produzione oratoria sacra, a parte l'ovvia importanza sul piano strettamente religioso circa i modi dell'insegnamento della morale, della diffusione della fede e del controllo delle coscienze da parte della chiesa cattolica, denuncia anche la presenza di un vero e proprio genere letterario che ha avuto nell'Isola (come in altre parti d'Italia e d'Europa), a partire dalla fine del Settecento per giungere sino ai primi tre decenni del Novecento, non pochi cultori i quali con la loro instancabile attività hanno influenzato, dove più dove meno, la cultura, scritta ed orale, i modi di sentire e di esprimersi di un vastissimo pubblico, popolare e non di ogni zona storica della Sardegna. Autorevoli storici della Chiesa sarda, come il Filia agli inizi del secolo scorso e, sorprendentemente, assai di recente anche il Turtas, non hanno ritenuto di prendere in considerazione in modo specifico la predica e i predicatori in sardo dell'Ottocento e del Novecento, nonostante il fatto che la qualità di non poche opere pubblicate e di molti manoscritti (non difficilmente rintracciabili nelle biblioteche pubbliche e private) dimostri non solo il carattere d'uso diretto e strumentale di esse ma, in non pochi casi (soprattutto in periodo "romantico"), anche il chiaro e talora dichiarato interesse letterario, oltre che l'affetto e l'attaccamento politico - "resistenziale" del clero isolano alla lingua sarda in questo specifico genere di prosa alta, anzi dell'unica prosa in sardo colta ed elaborata letterariamente che, come ben vide Max Leopold Wagner, le popolazioni sarde per un notevole arco di tempo ascoltarono quasi ogni giorno. Questo "breve" lavoro, arricchito da qualche dato informativo/statistico e da una contenuta antologia a corredo, ha poco o nulla di sistematico: ambisce solo a costituire un input, con degli appunti più o meno criticamente elaborati, per un'indagine conoscitiva di più vasto respiro per procedere, oltre che al lavoro preliminare di individuazione delle diverse "scuole" (se esistenti) e dei "maestri" (sos mazores) e di ricerca delle opere relative alla predicazione nell'Isola, anche a quello di trarre conoscenze più approfondite riguardanti un aspetto della cultura religiosa della Sardegna la quale, come si vedrà anche dalle osservazioni di queste pagine, investe e s'intreccia, talvolta arricchendole e illuminandole storicamente, con rilevanti tematiche riguardanti la politica e la letteratura in sardo della società isolana nel periodo spagnolo, piemontese ed italiano sino all'avvento del Fascismo. Oltre che sulle prediche edite nei due macrosistemi del sardo il lavoro critico e la ricerca documentaria sono stati condotti particolarmente su di un campione di circa cinquecento autografi in variante linguistica campidanesa (appartenenti agli archivi della Biblioteca parrocchiale "Rettore Todde" di Belvì, del Seminario arcivescovile di Oristano, del convento di S. Francesco di Oristano e della Biblioteca dell'Università degli Studi di Cagliari) scritte e recitate, nell'ordine, tra la prima metà dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, da Antonio Maria Arangino di Belvì e parroco della stella villa, dal religioso Pier Francesco Maria Massidda di Ortueri, dal pievano di Cabras Eugenio Sanna di Milis, dal canonico Efisio Marras di Allai, dal parroco di Escovedu Pietro Maria Cossu nativo dello stesso comune. Tra i manoscritti si è mostrato di notevole interesse documentario il corpus delle prediche di Efisio Marras, in virtù della costante e particolare diligenza con cui il canonico arborense annotò, alla fine di ogni autografo, il luogo e le date delle sue recite. La ponderosa silloge ha consentito di ricavare, tra l'altro, alcuni precisi dati statistici attinenti, in maniera particolare, al rapporto linguistico sardo-italiano nelle ville e nelle città dell'archidiocesi d'Oristano nella prima metà del Novecento. Delle prediche dei suddetti autori, per evidenti limiti di spazio, solo alcune sono state riportate a corredo antologico sia come supporto documentario dello studio sia al fine di agevolare il compito del lettore impossibilitato ad accedere alle fonti dirette. Forse è superfluo sottolineare che il libro deve tantissimo a tanti che qui vivamente ringrazio. La mia riconoscenza va, in particolar modo, agli amici Leonardo Mura, professore del Liceo "De Castro" e Antonino Zedda, canonico e rettore del Seminario Arcivescovile Arborense, nonché agli allievi dell'Istituto di Scienze Religiose di Oristano. (Gigi Sanna) |
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Gigi Sanna, Sardôa Grammata, 'ag 'ab sa'an yahwh. Il dio unico del popolo nuragico. Ed. S'alvure, Oristano 2004. |
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Conferenza di Parigi sulla decifrazione della scrittura di Glozel (pubblicata su Quaderni Oristanesi n. 53/54, Aprile 2005 (Se ne renderà disponibile un estratto a breve; la rivista è disponibile a richiesta nelle librerie oristanesi o presso la PTM Editrice di Mogoro)
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