1. Aspetti teologici. Bibbia e cultura1.5 Traduzione contestuale. Ruolo dell’antropologia culturale. Traduzione della Bibbia e sviluppo sociale e culturaleBibliografia: Luzbetak, Louis J. 1992. "Contextual translation: the Role of Cultural Anthropology", in Philip G. Stine, ed., Bible Translation and the Spread of the Church, Leiden - New York . Köln: E.J. Brill, 1992; pp. 108-119. Wendland, Ernst R. 1990. "Traditional Central African Religion Today. A Sociocultural Approach". In Stine, C. Philip - Wendland Ernst R., editors. Bridging the Gap. African Traditional Religion and Bible Translation. New York: United Bible Societies; 1990; pp. 1-23. Nida, Eugene A. 1972. "New Religions for Old. A Study of Culture Change". In Practical Anthropolgy. 1972; 19(1), pp. 13-26. Nida, Eugene A. 1968. Religion Across Cultures. New YorkHarper and Row; 1968. Nida, Eugene A. and Wonderly, William. 1963. "Cultural Differences and the Communication of Christian values". In Practical Anthropology. 1963; 10(6), pp. 241-258. |
Molto spesso, e soprattutto per quanto riguarda la Bibbia, una traduzione ha a che fare direttamente con almeno tre culture: quella della lingua di origine, quella della lingua di arrivo, e quella propria del traduttore. Un buon traduttore deve essere ben consapevole di trovarsi all’incrocio fra queste diverse culture. Il ruolo dell’antropologia culturale è proprio quello di sensibilizzare il traduttore alle differenze fra le culture e ai loro rapporti. Una buona sensibilizzazione alle diverse culture fornirà degli orientamenti fondamentali almeno su tre punti: la natura della cultura in questione, la sua organizzazione, il suo modo di operare.
1.5.1 La natura della cultura
Gli studi di antropologia culturale forniscono qualche centinaio di definizioni sulla cultura. Non è quindi qui il caso di sceglierne una come migliore delle altre, tanto più che oggi l’attenzione è più sui "modelli" che sulle "definizioni". Naturalmente, anche di "modelli" ne esistono più di uno, ed è appena il caso di tener presente che nessuno sarà sufficiente da solo per descrivere completamente una cultura. Sarà opportuno invece fare certo una scelta di un modello fondamentale, ma saper anche affiancarlo con altri sottomodelli presenti nelle contemporanee teorie di antropologia culturale, per poter equilibrare o correggere la prospettiva dominante preferita. Tanto per avere un’idea di partenza e un orientamento generale, si può dire, in un modo che certo non evita il rischio di eccessiva semplificazione, che la cultura è tutto ciò che noi impariamo dalla società, un piano di vita della società, un codice di comportamento, un insieme di idee, di norme, di nozioni, di credenze, di valori circa persone, cose, eventi, comportamenti. In una parola, il sistema simbolico di un popolo.
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1.5.2 L’organizzazione della cultura
Il secondo aspetto cui un traduttore deve essere sensibile è quello della strutturazione di ogni cultura. In quanto sistema, ogni area di una cultura è interconnessa con le altre aree per formare un insieme più o meno integrato (con possibilità, cioè, di incoerenza e disintegrazione). A un livello di superficie ci sono le forme di un modo particolare di vivere. il chi, che cosa, quando, dove, che genere. Anche se queste forme non sono uniche nel senso stretto del termine, esse sono strutturate in modo unico a un secondo e un terzo livello, al livello cioè dei significati immediati, delle interrelazioni e delle presupposizioni, dei perché immediati, ma anche e soprattutto al livello dei punti iniziali del pensare, del reagire emotivamente, del motivare, il livello delle premesse soggiacenti di un popolo, degli atteggiamenti e dei valori fondamentali, in una parola il livello della visione del mondo propria di una società. Per accennare alle strutturazione presenti sul secondo livello, quello dei perché immediati di comportamento, si pensi per esempio all’area del vestito. Per comprendere il significato del vestire-vestirsi in una data cultura, è necessario tenere presenti le connessioni che esso implica in quella cultura. Il termine stesso di vestito non indica la stessa cosa in Alaska o tra i Boscimani dell’Africa. Dobbiamo conoscere le ragioni per coprirsi, gli usi, i presupposti o le condizioni per potersi coprire (soldi, materiali, tecniche, ecc.), a quali bisogni il coprire-coprirsi risponde, con quali associazioni è collegato (religione, occupazione, responsabilità), quali ripercussioni o conseguenze comporta il non vestire-non vestirsi o il non farlo in un certo modo e in certe circostanze, e così via. Se non si tengono presenti tutte queste interconnessioni, non sarà possibile comprendere veramente che cosa significa il vestito in una data cultura. I parlanti nativi di una lingua possono non essere in grado di articolare queste interconnessioni, ma certamente le sentono, allo stesso modo con cui uno sente e applica le regole grammaticali anche se non è in grado di articolarle esplicitamente. Essere sensibilizzati verso una cultura significa essere sensibilizzati ai valori unici di quella cultura. Per fare un altro esempio, non possiamo comprendere che cosa è la poligamia in una data cultura senza tener presente come un matrimonio plurimo è collegato con altre aree, come quella del prestigio, dell’amicizia fra tribù, delle obbligazioni interfamiliari, della salute, del lavoro familiare, del confort, dell’allevamento degli animali, del rapporto di ostilità e fedeltà tra tribù, del culto degli antenati, della sicurezza sociale per le vedove, e molto altro ancora. La cura di sé e la sensualità possono non avere alcun posto in tale quadro, o al massimo possono apparire all’ultimo posto. Soggiacente a questo secondo livello dei perché immediati è il terzo livello, quello più profondo, il livello della logica interna, degli atteggiamenti fondamentali, delle spinte basilari. Per potersi dire sensibilizzato ad una cultura, un traduttore deve apprezzare l’importanza di questo livello profondo, degli ultimi perché di un modo di vivere. Questo livello, ad esempio, può spiegare le relazioni che si sono venute a creare sul secondo livello più immediato, esso contiene l’ "anima" di un popolo, la sua psicologia fondamentale. |
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1.5.3. La dinamica di una cultura
Per essere sensibilizzati ad una cultura, oltre a conoscere che cosa è una cultura e come è strutturata, è necessario anche essere consapevoli del modo con cui una cultura opera. Non si tratta qui di studiare la materia complessa della dinamica di una cultura, ma almeno di capire che cosa si intende per dinamica. La cultura, essendo una specie di sistema organico, tende a cambiare e ad adattarsi, più o meno con successo, e questo sempre all’interno di una tendenza generale a conservarsi, come avviene per ogni organismo. Nuovi elementi sono aggiunti, altri vengono persi, sostituiti, mescolati, sempre in parallelismo con il cambiamento dell’esperienza delle persone, dei bisogni e delle esigenze di un sempre cangiante ambiente fisico, sociale e spirituale, del succedersi degli avvenimenti storici, e via dicendo. Ogni cambiamento porta con sé uno squilibrio nello stato attuale della cultura, il quale a sua volta lancia la domanda per un nuovo equilibrio nella strutturazione dell’insieme, normalmente in accordo con la visione generale del mondo propria della cultura stessa. Per trovare questo nuovo equilibrio, o viene modificato il nuovo elemento oppure è la cultura stessa che viene modificata pur di trovare un equilibrio stabile. Solo allora il nuovo elemento sarà normalmente integrato nel sistema che noi chiamiamo cultura. Per essere, dunque, sensibilizzati a una cultura, un traduttore deve essere consapevole del fatto che le culture sono dinamiche, che stanno sempre agendo e reagendo. Una cultura non è una tradizione morta. La cultura è il qui e ora, con un passato e molto probabilmente un futuro. Soprattutto in un mondo sempre in rapido cambiamento, comprendere una cultura in modo diverso, e non in senso dinamico, equivarrebbe a trattare con un mondo irreale e inesistente. |
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