Bibliografia: Daniel C. Arichea, Theology and Translation: the Implications of Certain Theological Issues to the Translation Task, in Philip G. Stine, ed., Bible Translation and the Spread of the Church, Leiden - New York . Köln: E.J. Brill, 1992; pp. 40-67.
La Bibbia è, fra le altre cose, un documento teologico. Il compito di tradurre è perciò necessariamente un compito teologico, e come tale deve fare i conti con alcune questioni teologiche strettamente collegate alla traduzione.
1. La qualità di una traduzione comincia dalla scelta del testo critico che si traduce. La "critica testuale" è di importanza fondamentale, e i traduttori devono tenersi aggiornati sui risultati dello studio critico dei manoscritti.
Tra le chiese oggi c’è un accordo a fare uso delle seguenti edizioni critiche:
The Greek New Testament, per il Nuovo Testamento,
e il testo del
Hebrew Old Testament Text Project (HOTTP) o della più facilmente accessibile
Biblia Hebraica Stuttgartensia, per l’Antico Testamento.
A queste edizioni critiche si affiancheranno alcuni aiuti. Ad es.
- Bruce M. Metzger, A Textual Commentary on the Greek New Testament, London: United Bible Societies, 1971;
- Bruce M. Metzger. Il testo del Nuovo Testamento. Trasmissione, corruzione e restituzione. Ed. italiana a cura di Donatella Zoroddu, Brescia: Paideia, 1996.
- Emmanuel Tov, Textual Criticism of the Hebrew Bible, Minneapolis: Fortress Press, 1992.
- Reinhard Wonneberger, Understanding BHS : A Manual for the Users of Biblia Hebraica Stuttgartensia, Ed. Pontificio Istituto Biblico, Roma 1990.
2. Per il processo di traduzione, le decisioni più utili sono quelle basate su principi critici, letterari e linguistici, e non quelle basate su degli a priori teologici.
3. Strumenti per rendere accessibili ai traduttori le informazioni testuali. Fra gli strumenti concepiti non solo per gli specialisti, ma anche e soprattutto per i traduttori sono da ricordare: la rivista The Bible Translator, edita dal 1950, e i vari Helps su singoli libri biblici pubblicati a cura delle United Bible Societies.
Diversi siti Internet sono dedicati al problema della traduzione della Bibbia, in particolare si possono seguire quello del Summer Institute of Linguistics e quello delle stesse UBS.
Le scelte "canoniche" riguardano la forma, l’ordine e i limiti dei libri biblici che vengono tradotti. Le principali domande a questo proposito sono: 1) Quale stadio di formazione dei libri bibici e del corpo canonico è oggetto della traduzione? 2) Quanto è importante distinguere tra singoli libri e compilazioni degli stessi? 3) Quale è il posto della critica testuale nel processo canonico? Basterà per ora aver accennato a questi problemi e dire che a livello di progetti interconfessionali di traduzione un certo consenso si è ormai delineato sul modo di procedere circa queste questioni.
l. L'aspetto di composizione umana della Scrittura rende possibile il compito della traduzione, insieme con quello dell'interpretazione. Ogni sottovalutazione dell'aspetto umano a favore di una valutazione esclusiva dell'aspetto divino rende o impossibile o secondaria ogni traduzione ed ogni interpretazione.
2. Il carattere umano della Bibbia rende possibile una giusta valorizzazione della sua diversità. Una buona traduzione non attenua queste diversità, di qualsiasi genere esse siano, letterarie, stilistiche o teologiche. Ciò va fatto rispettando sempre le caratteristiche proprie della lingua di arrivo. Si deve purtroppo dire che le traduzioni finora non si sono molto preoccupate di questo aspetto.
3. Il carattere umano della Bibbia rende possibile e necessario analizzarla come si fa per qualsiasi altro libro. Si useranno quindi tutti gli strumenti messi a disposizione dalle scienze moderne dei testo.
Naturalmente, una analisi che tenesse conto soltanto dell'aspetto umano della Bibbia sarebbe parziale e insufficiente. Non solo lo studioso credente, ma anche il non credente deve tener conto che la Bibbia stessa pretende di contenere delle affermazioni di fede di diverse comunità credenti, proponendole al tempo stesso come normative.
Non si tratta qui di ripetere le affermazioni e le discussioni circa la dottrina dell'Ispirazione, ma di proporre delle considerazioni che ne illustrano la relazione con il compito della traduzione
i. Una dottrina verbale dell'ispirazione è controproducente per il compito della traduzione, specialmente quando è strettamente collegata con l'antica posizione dell'inerranza e dell'infallibilità. Un tale stretto legame porta a omologare ogni divergenza nei testi (Cf la traduzione della Living Bible di Lc 24,20a, omologato a At 1, 12; così la correzione di Mc 1,2 nel textus receptus che attribuisce la citazione ai profeti in genere, invece che ad Isaia) o ad attribuire un valore assoluto e intoccabile a certi termini o a certe espressioni, favorendo quindi almeno per questi una traduzione quanto mai formale pur all'interno di traduzioni concepite come dinamiche (Cf certi usi anche nella NIV e nella Living Bible).
ii. è necessario passare a una dottrina dell'Ispirazione che tenga conto del dettato del Concilio Vaticano Il e delle acquisizioni sia delle scienze bibliche sia delle scienze testuali in genere.
iii. L'ispirazione deve essere messa in relazione con tutto il processo di formazione dei singoli libri e dell'intero canone,.e non solo con un presupposto e unico processo finale di scrittura.
iv. Per il processo di traduzione è più utile una comprensione funzionale dell'ispirazione (cf2 Tm 3,16).
v. Si collega all'approccio funzionale una concezione dell'ispirazione che si pone in relazione con la rivelazione di Dio concepita come comunicazione di sé stesso. All'interno di questo contesto va situata ogni discussione circa l''ispirazione'' di certe traduzioni fondamentali nella storia della Chiesa, come quella della Settanta o della Vulgata, ma anche ogni valutazione di procedure ecclesiali comunitarie di atti di traduzione.
Una volta chiarito che la Bibbia è nello stesso tempo composizione umana e letteratura sacra, non solo l'impostazione degli studi biblici accademici, ma anche la traduzione deve tenere in conto questo duplice aspetto descrittivo (passato) e teologico (presente) del testo. Facciamo menzione di tre aree in cui traduzione può prendere sul serio l'aspetto teologico:
i. La traduzione dei termini tecnici teologici.
ii. La disponibilità della traduzione verso alcune sensibilità contemporanee, sia nella chiesa sia nella società.
Es. La questione del trattamento del termine "giudei" nel vangelo di Giovanni secondo la Good News Bíble. Cf Robert G. Bratcher, "The Jews in the Gospel of John", in A Transator's Handbook on the Gospel of John, by Barclay M. Newman and Eugen A. Nida, New York: United Bible S ocieties, 1980, pp. 641-649 (reprinted from Practical Papers for the Bíble Translator 26, October 1975, pp. 401-409).
Es. La questione dell'uso del linguaggio inclusivo in accettazione di alcune istanze della sensibilità femminista.
iii. La necessità per la traduzione di essere fedele sia alla cultura biblica di partenza sia alla cultura dei popoli della lingua di arrivo.