Bibliografia
Larson, Mildred L., A Guide to Cross-Language Equivalence. Second
Edition. Lanham - New York -Oxford : University Press of America; 1998. pp.
59-70.
6.1 Concetti
6.2 Tradurre i concetti
6.3 Dissimmetria di classificazioni
6.4 Riespressione semantica
Esercizi
Questa lezione è un approfondimento del capitolo 1, dove si era visto come le caratteristiche di una lingua influenzano il lavoro del traduttore. In primo luogo, si era messo in evidenza che le parole sono un agglomerato di componenti di senso, e che ogni lingua ha il suo modo proprio di comporre questi agglomerati. Il traduttore deve saper analizzare le componenti di senso dei termini nella lingua sorgente. Questo lavoro è fatto anzitutto dai Dizionari, perciò un traduttore deve poter consultare i vari dizionari disponibili per una determinata lingua. Tuttavia, siccome le lingua combinano i significati in modo diverso, ci saranno molte parole che non avranno una esatta corrispondenza parola-a-parola nella lingua di arrivo. Inoltre, bisognerà sempre tener conto dell'influsso che il contesto esercita sul significato di un termine.
Nella lezione tre si diceva che i componenti di senso e i concetti si classificano semanticamente come COSE, EVENTI, ATTRIBUTI, RELAZIONI.
Il termine "concetto" è qui usato in riferimento non alla forma. ma soltanto al contenuto, e viene definito come una unità riconoscibile di senso in una data lingua. Queste unità di senso possono essere suddivise in un certo numero di componenti (analisi componenziale). Ad esempio, il termine 'montone' sarà scomponibile in : pecora / maschio / adulto.
Poiché ogni lingua ha il suo particolare inventario di concetti, il problema è come come identificarli. Per questo può essere utile tenere presente che una unità di senso può essere rappresentata non solo da una parola, ma anche da un morfema, da una espressione idiomatica, da un tono particolare di voce, da un ordine particolare delle parole. Il modo di identificarli procederà per differenza e confronto. Ogni concetto è associato con una data area di senso che è diversa da quella di altri concetti nella lingua. La funzione di un concetto è quella di far riferimento a una specifica area di senso.
Nella lez. 8 su approfondirà il procedimento di differenza e confronto. Qui accenniamo al fatto che non tutte le lingue hanno i medesimi concetti. Ogni lingua concettualizza la realtà in modo diverso.
Il primo passo nell'analisi di una parola sarà dunque quello di determinare se il termine fa riferimento a un concetto COSA, o a un concetto EVENTO, o a un concetto ATTRIBUTO oppure infine a un concetto RELAZIONE.
Molte parole saranno classificate facilmente, altre meno, a causa di una
dissimmetria tra la classificazione grammaticale e la classificazione semantica.
Si tratterà anche di distinguere tra concetto centrale e concetti
secondari.. Ad es., il termine "corridore", fa riferimento
anzitutto a una persona, e quindi a un concetto COSA, ma nello stesso tempo fa
riferimento a un concetto EVENTO, in quanto restringe il concetto
"persona" a una una persona "che corre".
La combinazione di un certo numero di significati in un singolo termine riflette il sistema concettuale di una lingua. In una determinata lingua il comune riferimento a COSA ed EVENTO può essere incluso in una sola parola, in altre invece saranno richieste delle parole diverse. Ad es., molte lingua hanno un solo termine per dire "vedere" "ascoltare" "udire", dove il concetto primario "percepire" è ristretto da un concetto secndario "con il naso, con l'orecchio, con l'occhio". In alcune lingue africane, invece, sarà necessario usare due termini, uno per dire "percepire" in genere, e un un altro per dire di quale organo di senso si tratta (cf Nida 1964:51).
Per i fatti suesposti, potrà capitare sovente che non si trovi un esatto equivalente di un termine, ma solo dei termini che in parte si sovrappongono al termine di partenza, in parte lo estendono con altri componenti di senso non contenuti all'origine. Sarà necessario in questi casi tradurre il termine di partenza con più parole nella lingua di arrivo in modo da dare il medesimo significato.
In questi casi, sarà importante precisare bene qual è il concetto centrale e quale invece il concetto secondario che lo precisa o lo restringe. Si potrà poi tradurre il concetto centrale con una parola e poi aggiungere un'espressione che renda la restrizione di senso implicata dal concetto secondario.
Uno stesso termine può essere usato con dierse funzioni grammaticali.
Ad es., una cosa è dire: ho visto uh cielo blu;
altra cosa è invece dire: ho visto un blu cielo.
Nel primo caso, non c'è nessuna dissimmetria: 'blu' è un concetto ATTRIBUTO usato con la funzione di aggettivo, come 'cielo' è un concetto COSA usato come nome.
Nel secondo caso invece, un concetto COSA 'cielo' è usato come aggettivo per modificare 'blu', che è da parte sua un concetto ATTRIBUTO usato come nome.
In questi casi, il traduttore deve tener presente questa dissimmetria per trovare il modo appopriato di rendere il medesimo significato nella lingua di arrivo.
Dato la differenza di concettualizzazione tra una lingua e l'altra, non è detto che il modo migliore per tradurre un termine della lingua dipartenza sia quello di trovare un termine corrispondente della stessa semantica nella lingua di arrivo. Talvolta, nel confronto tra due lingue si potrà notare una costante correlazione tra differenti componenti.di linguaggio. Ad es., ad un verbo in una lingua può corrispondere un nome verbale in un'altra. È ovvio che sarà più facile tradurre da una lingua che usa molto i verbi in una lingua che fa anch'essa molto uso dei verbi, mentre sarà più difficile se la lingua d'arrivo fa più uso di nomi che di verbi.
La dissimmetria tra classi semantiche e classi grammaticali è abbastanza
frequente.
Molte lingue hanno forme grammaticali in grado di rappresentare un concetto
EVENTO sotto forma di un nome dal punto di vista grammaticale. Si pensi ai
termini astratti 'conoscenza', o 'abilità'.
Altre volte, dei termini possono aggiungersi a modificare un nome (e quindi
sotto la forma grammaticale si tratta di aggettivi), ma in realtà fanno
riferimento ad un EVENTO. Si pensi all'espressione "stelle cadenti".
Ci sono diverse ragioni che favoriscono l'uso di nomi al posto di verbi. L'uso di un nome permette, ad esempio, di introdurre rapidamente il punto centrale di un discorso o di un fatto, ed allora si farà uso di un termine astratto. Si pensi al termini 'salvezza'.
Senza dissimmetria, un testo sarebbe monotono. Eppure, tradotto letteralmente senza disambiguare le dissimmetrie almeno in parte, un testo potrebbe risultare strano o poco comprensibile nella lingua di arrivo.
Talvolta, con testi particolarmente difficili, potrà essere utile procedere a una previa riespressione del testo secondo la sua struttura semantica, dove i concetti COSA sono rappresentati da nomi, i concetti EVENTO da verbi, i concetti ATTRIBUTI da aggettivi e avverbi, e i concetti RELAZIONE da particelle relazionali.
In questo processo si farà attenzione a non aggiungere o togliere elementi di senso. Questa procedura serve a portare all'attenzione del traduttore tutti gli elementi di senso del testo di partenza. Ad esempio, egli dovrà infatti precisare in occasione di ogni disambiguazione qual è il concetto centrale e quale invece quello secondario, e in occasione di concetti multipli dovrà precisare per ognuno la classe semantica di appartenenza.
Ovviamente, una tale riespressione semantica non deve procedere all'infinito nell'esplicitare ogni componente di senso. Si pensi, ad esempio, alla riespressione del termine "centurione". Ci si potrà accontentare di "uomo che comanda un gruppo di cento soldati", senza pensare di riesprimere anche termini come "soldati" ecc. L'importante è che la riespressione contenga tutti i concetti inclusi nel testo di partenza.